Dall'indipendenza alla guerra

 

La conquista dell'indipendenza dalla Francia ottenuta nel 1953 senza alcun spargimento di sangue rafforzò il prestigio di Sihanouk in un modo incredibile. La gente delle campagne, che rappresentavano il 95 % della popolazione cambogiana, videro in questa impresa del sovrano l'atto di un vero padre della patria che liberava i suoi figli dalle esazioni del regime coloniale.

Il consenso non era altrettanto unanime a Phnom Penh dove molti democratici consideravano vinta la battagli nazionalista ma ancora aperta quella repubblicana. Nel 1955 erano previste le elezioni per la nuova Assemblea nazionale e Sihanouk temeva un successo anche solo parziale dell'opposizione democratica riunitasi nel partito Pracheachon nelle cui file militavano alcuni noti intellettuali legati al partito comunista. Deciso a eliminare ogni opposizione presentandosi come il solo "padre della patria", fondò un suo partito, il Sangkum Reastr Niyum cioè "Comunità Socialista Popolare", il cui programma predicava il progresso sociale, lo sviluppo economico, l'indipendenza economica e l'assoluta neutralità internazionale, il tutto presentato in un linguaggio dai forti accenti buddhisti. Per guidare il partito, abdicò a favore del vecchio padre Suramarit ma conservò la carica di Capo dello Stato. Alle elezioni il Sangkum ottenne la totalità dei seggi.

Per aggiungere un carisma internazionale alla sua vittoria, partecipò alla Conferenza di Bandung e al fianco di Nerhu, Nasser, Tito, Sukarno costituì il Movimento dei non-allineati e strinse una forte amicizia con il cinese Zhou Enlai.

Ottenuto così un tacito assenso da Cina e Nord-Vietnam si mosse con decisione per liquidare l'organizzazione comunista clandestina il cui segretario si era fatto corrompere e aveva dato alla polizia gli elenchi di tutti gli iscritti. I pochi scampati all'arresto costituirono il Partito dei lavoratori di Cambogia che diventò nel 1966 il Partito comunista di Cambogia.

Il consenso intorno a Sihanouk e alla sua politica era pressoché totale e la Cambogia potè godere di anni di stabilità economica e progresso sociale con un forte sviluppo della scolarizzazione. Al censimento del 1962 la popolazione risultava cresciuta fino a 5.700.000 persone e Phnom Penh era diventata una vera capitale con più di 390.000 abitanti.

L'opposizione comunista era quasi inesistente e nel 1963 il partito elesse come segretario generale Saloth Sar che divenne poi noto con il nome di Pol Pot. La sua prima decisione fu quella di entrare con tutto il gruppo dirigente nella clandestinità, prima nella provincia di Kompong Cham poi sui monti di Ratanakiri dove restarono fino al 1970 in un totale isolamento, ridotti a poche centinaia di uomini male armati o disarmati, elaborando le loro strategie di lotta per la conquista del potere.

La guerra in Vietnam aveva però ormai incendiato tutta la penisola e Sihanouk iniziò il suo azzardato gioco di precario equilibrismo tra le forze in lotta. Con il pretesto che non avrebbe potuto opporre alcuna resistenza alla forza militare vietnamita aveva concesso ai Vietcong e all'esercito nord-vietnamita di occupare le province orientali dove sboccava la "Pista di Ho Chi  Minh" così come il porto di Sihanoukville e la strada e la ferrovia che lo collegavano al cosiddetto "becco di anatra", la provincia cambogiana che era la retrovia e il santuario dei Vietcong. In cambio, Sihanouk otteneva il pagamento di una tassa pari al 10 % del valore di tutte le merci transitate.

Per bilanciare la partita, nel marzo 1969, all'insaputa del Congresso degli Stati Uniti ma con il consenso di Sihanouk che aveva contrattato il pagamento di un compenso per i danni arrecati, iniziarono i bombardamenti "segreti" della aviazione americana che mirava a distruggere le retrovie logistiche dei Vietcong nelle province orientali della Cambogia.

Il paese era di fatto in guerra, anche se era una guerra in cui non era ufficialmente coinvolto. I comunisti di Pol Pot, cui Sihanouk nel corso di una intervista aveva dato il nome di Khmer krohom cioè i "Khmer rossi", erano una forza irrisoria di circa 1.500 uomini male armati e rintanati sui monti che non rappresentava alcun pericolo per la monarchia. Il pericolo veniva dagli ambienti della media e alta borghesia che vedevano i loro interessi economici in pericolo e da settori dell'esercito che auspicavano una alleanza con gli Stati Uniti nella lotta anti-comunista e contro l'atavico nemico vietnamita.

Sihanouk non aveva molte vie di uscita e tentò un viaggio di consultazioni a Parigi, a Mosca e a Pechino. In sua assenza, il 17 marzo 1970, il Primo ministro Lon Nol e il principe Sirik Matak imposero una seduta straordinaria dell'Assemblea nazionale che dichiarò Sihanouk decaduto dalle funzioni di Capo dello Stato. Fu poi abrogata la monarchia e instaurata la repubblica e infine Sihanouk fu condannato a morte per alto tradimento per avere concesso a una potenza straniera di occupare parte del territorio nazionale.

A Pechino, Sihanouk costituì il FUNK, il Fronte di Unità Nazionale di Kampuchea, che è il nome della Cambogia in lingua khmer. Lanciò poi un appello al popolo cambogiano perché prendesse le armi e si unisse nella lotta contro i traditori di Phnom Penh. Sia i Cinesi che i Vietnamiti diedero ampio risalto a questa iniziativa diffondendo il messaggio in tutti i villaggi cambogiani.  A capo del FUNK era posto il Governo Reale di Unità Nazionale di Kampuchea. Sihanouk ne era il Presidente; Primo ministro era il monarchico Penn Nohut, Vice-Primo ministro e Ministro della Guerra era Khieu Samphan, uno dei leader dei Khmer rossi. Era un governo di coalizione fra i monarchici e i comunisti di Pol Pot che sino allora non avevano avuto alcun peso politico e militare ma che in questo modo furono portati alla guida del movimento. I ministri monarchici erano, infatti, tutti a Pechino mentre i ministri “operativi” – quelli della Guerra, dell’Informazione, degli Interni, della Sanità, dell’Economia e dell’Educazione – erano tutti comunisti e stavano in Cambogia. Erano loro, quindi, quelli che il popolo riconosceva come capi del movimento di lotta, guidato da Sua Altezza il principe Sihanouk.

I ministri comunisti costituirono l’Angkar, la “Organizzazione” interna al governo, che ufficialmente prendeva gli ordini da Sihanouk ma che, in realtà, perseguiva gli obbiettivi fissati da Pol Pot. Sihanouk diventò così "l'ufficiale reclutatore" dei Khmer rossi che erano presentati come il nucleo dell'esercitio reale di liberazione.

Lon Nol, che a Phnom Penh era capo del governo e capo delle Forze armate, stipulò un alleanza con Stati Uniti e Sud-Vietnam ma le sorti della guerra si volsero a suo sfavore e alla fine dell'anno il 70 % del territorio era occupato da truppe vietnamite nelle cui retrovie si organizzavano le unità dei Khmer rossi. La corruzione minava il regime repubblicano di Lon Nol e i massicci aiuti militari e economici americani non potevano raddrizzare una situazione bellica sempre più compromessa.

Nel 1973, a seguito degli Accordi di pace di Parigi gli Stati Uniti ritirarono le loro truppe dal Viet Nam e analoga cosa fece il Nord-Viet Nam dalla Cambogia. I Khmer rossi avevano intanto usufruito di tre anni di tempo nelle retrovie vietnamite per organizzarsi e portare i loro effettivi a 40.000 combattenti. L'appello di Sihanouk aveva loro assicurato l'appoggio di tutto il mondo contadino che li considerava i soldati del "esercito del re Sihanouk".

L'esercito repubblicano era assediato nella capitale e nei maggiori centri abitati, i Khmer rossi erano diventati padroni delle campagne e nelle zone da loro controllate iniziarono a imporre la collettivizzazione forzata. L'aviazione americana bombardava massicciamente le campagne senza riuscire però ad arrestare la progressione dei Khmer rossi. A centinaia di migliaia, i contadini fuggirono dai villaggi cercando scampo dalle bombe nelle città. La sola Phnom Penh fu invasa da circa un milione e mezzo di profughi mentre intorno si stringeva il cerchio e nel 1974 la città si trovò ormai accerchiata: i rifornimenti giungevano solo per via aerea o su convogli armati che risalivano il Mekong dal Sud Viet Nam. Iniziarono i bombardamenti della capitale.

Ormai la guerra era alla fine: si strinse il cerchio intorno a Phnom Penh, venne bloccato il Mekong, la pista dell'aereoporto di Pochentong finì sotto il tiro dell' artiglieria, Lon Nol si dimise e si rifugiò negli Stati Uniti, vani tentativi furono fatti di proporre una pace negoziata. L'ambasciatore degli Stati Uniti, J.G. Dean, e gli ultimi diplomatici abbandonarono in elicottero la sede dell'Ambasciata il 12 aprile 1975. Il sentimento della popolazione non era però di paura e tutti pensavano solamente al fatto che la guerra era finalmente finita.

"Khmer rossi" era un termine che i Cambogiani ignoravano: era stato coniato da Sihanouk a uso dei giornalisti. Quelli che entravano in città indossando il vestito nero dei contadini erano i soldati dell'esercito del re, erano dei fratelli cambogiani e la gente era certa che da loro non potesse venire alcun male: si poteva lavorare insieme per ricostruire il paese. Questa era l'illusione della gente di Phnom Penh all'alba del 17 aprile 1975.