La guerra "sporca"
Nessuna guerra può essere considerata "pulita", ma realmente "sporca" è quella guerra che anche a distanza di molti anni lascia ferite insanabili nelle persone e nell' ambiente naturale: questo è il caso della guerra chimica combattuta in Viet Nam. Di fronte alla inefficacia dei bombardamenti tradizionali, già nel 1961 lo stato maggiore statunitense chiese l' intervento del Servizio delle armi chimiche che aveva fatto le sue prime esperienze durante la guerra in Corea. L'obiettivo era quello di distruggere il mantello di vegetazione che proteggeva le piste e le basi logistiche di Vietcong e Nord Vietnamiti. Furono effettuati dei test su alcuni tratti della pista di Ho Chi Minh e fu poi lanciata l' operazione "Farm boy" che consisteva nell' impiegare 18 aerei C123 per vaporizzare milioni di litri di diserbante nella regione a Nord di Saigon. Seagrave Sterling nel suo libro "The yellow rain" spiega quali prodotti furono utilizzati. "Furono selezionati quattro prodotti, ognuno era designato da un codice-colore:arancio, bianco, malva e blu. Il prodotto arancio era una miscela di due diserbanti di uso corrente: il 2,4D e il 2,4T. Il quarto, il prodotto blu, un erbicida a base di arsenico il cui componente attivo è l' acido cacodilico, era noto per la sua alta tossicità. Normalmente era utilizzate sui lati delle strade e lungo gli assi riservati alle linee ad alta tensione, ma mai sui raccolti.Il prodotto arancio, il più utilizzato, acquisì una grande notorietà (...) Per molti anni questa operazione non ebbe eco né sulla stampa né fra l'opinione pubblica ma ben presto il governo sud-vietnamita fece pressioni perché venissero distrutti anche i raccolti." L'impiego degli erbicidi provocò la distruzione di più di due milioni di ettari di vegetazione di cui circa un decimo era destinato all' agricoltura. Avvenne una autentica catastrofe ecologica perché i più di 70 milioni di litri di prodotti tossici rovesciati sul terreno, dopo aver distrutto la vegetazione, si infiltrarono nel suolo e contaminarono per lungo tempo le falde freatiche e le mangrovie del litorale. Gli effetti furono tanto più gravi perché i prodotti utilizzati contenevano, tra le altre cose, anche della diossina, i cui disastrosi effetti sono ben conosciuti soprattutto dopo la catastrofe di Seveso del 1976. Il danno sanitario alla popolazione civile fu incalcolabile: malattie cutanee incurabili, cancro del fegato, malformazioni dei feti, elevato tasso di mortalità perinatale, disturbi nervosi. Non pochi fra gli stessi militari incaricati della irrorazione con questi prodotti chimici subirono gravi danni alla salute.