Arrivarono mercanti, missionari e avventurieri

 

Se si deve dare credito agli antichi annali imperiali cinesi, nel 120 d.C. giunsero a Pechino da Da Qin, il nome in lingua han della Roma imperiale, dei musici e degli acrobati. Nel 166 fu la volta di un ambasciatore di Andun, l'imperatore Marco Aurelio, e tutti costoro nella loro rotta verso la Cina avrebbero fatto scalo nel Giao-chi, cioè l’odierno Vietnam.

Nulla di tutto ciò risulta da fonti romane, ma qualche cosa di vero potrebbe comunque esserci perché gli scavi archeologici effettuati a Oc-eo, nel delta del Mekong, hanno fra le altre cose portato alla luce un medaglione in oro recante l'effige dell'imperatore Antonino il Pio, datato 152 d.C.; ma queste sono storie di un lontanissimo passato che non lasciarono raccia nella memoria dei popoli.

Agli inizi del XVI secolo, nei regni del Siam, di Cambogia, del Laos e del Vietnam nessuno, nemmeno fra i più sapienti, aveva idea che esistesse un luogo chiamato Europa. Nella stessa Cina il nome di Marco Polo era totalmente sconosciuto  e divenne famoso solo quando nel XIX secolo arrivarono gli Inglesi e diedero il suo nome a un ponte all’ingresso di Pechino. La sola “cosa conosciuta” arrivata da Occidente, era l’Islam, approdato a Sumatra nel 674 e poi diffuso da mercanti arabi e indiani nelle regioni costiere meridionali del Sud-Est asiatico.

Tutti ignoravano l’esistenza di paesi chiamati Francia, Inghilterra o Olanda, ma nessuno ne provava vergogna.

Arrivarono poi nei mari asiatici i primi Europei. Erano i Portoghesi.... e non per caso. Nel 1487 Bartolomeo Diaz era sceso lungo le coste dell’Africa e aveva doppiato il Capo di Buona Speranza portando la bandiera portoghese fino al limite oltre il quale si apriva l'oceano Indiano. Nel 1492 Cristoforo Colombo aveva piantato il vessillo spagnolo sul continente americano.

Il 4 maggio 1493 il papa Alessandro VI, per evitare contese tra i due cattolicissimi regni, con l’enciclica Inter Caetera divise le sfere d’influenza di Spagna e Portogallo. Una linea immaginaria, che percorreva il globo da nord a sud passando sul meridiano a ovest delle isole di Capo Verde, fu riconosciuta come ufficiale frontiera marittima fra i due imperi con il Trattato di Tordesillas nel 1494. La Spagna doveva conquistare ed evangelizzare a ovest di tale linea e il Portogallo doveva fare altrettanto a oriente.

Entrambi bararono un po’, perché la Spagna dopo avere messo piede nelle Americhe, proseguì verso occidente e occupò le Filippine, mentre il Portogallo si appropiò di tutto il Brasile. La cartografia dell’epoca era piuttosto imprecisa e il bottino era immenso, quindi nessuno sollevò grosse obiezioni. Nel 1498 Vasco da Gama superò il Capo di Buona Speranza, risalì le coste fino all’attuale Mombasa, in Kenya, e da lì attraversò l’oceano Indiano approdando nel sud dell’India, in quel Malibar dove già quindici secoli prima giungevano le navi dei mercanti arabi che rifornivano di spezie la Roma imperiale. Gli fecero seguito altri ammiragli che costruirono un impero commerciale. Il compito di consolidare le conquiste fu affidato ad Alfonso de Albuquerque che il 25 luglio 1511 conquistò Malacca.

Così i portoghesi si affacciarono per primi nelle acque del Golfo del Bengala e da qui proseguirono a oriente, fino a raggiungere il Giappone. In tutti i paesi che toccarono furono numerosi i re, principi e capi delle diverse etnie in lotta fra loro che si rivolsero immediatamente a questi abili mercanti che, in cambio dell’apertura dei porti, di vantaggiosi contratti commerciali e di qualche larvata promessa di conversione alla fede cattolica, non esitavano a mettere al servizio dei contendenti le loro potenti artiglierie e le soldataglie armate di archibugi.

Sul finire del XVI secolo giunsero però in questi mari anche i bastimenti olandesi seguiti poi da quelli inglesi. Erano degli eretici protestanti e quindi non riconoscevano l'autorità del Pontefice romano e tantomeno il compito che egli aveva affidato ai portoghesi. Si appropriarono dei loro scali commerciali e li cacciarono da Malacca e da tutti i mari del sud-est. Lo zelo missionario era forse meno sentito ma di certo lo spirito mercantile non fu meno fervente e rapidamente si imposero.

Estromessi dai commerci, i portoghesi ripiegarono sull’attività di mercenari e si posero al servizio del re di Cambogia, del viceré di Mawlamyine, del re di Bago, dei signori Nguyen e di quanti altri offrivano loro un ingaggio. Divennero anche pirati e Felipe de Brito riuscì a costruire un suo effimero principato nel Golfo del Bengala, che ebbe tragica fine nel 1613 quando l’esercito birmano espugnò la cittadella di Syriam e Filipe de Brito fu impalato vivo.

Scomparsi avventurieri e pirati, nei mari dell’Oriente ora si affacciavano dei pretendenti molto più pericolosi: gli inglesi della Compagnia delle Indie, che emarginarono gli Olandesi, tennero a bada i Francesi e divennero i soli padroni dei mari dell’Asia.

Era iniziata l’Era del colonialismo.