



Solo sedici anni, dal 1050 al 1066, durò il regno di Udayatidyavarman II, "Il protetto dal Sole nascente" eppure fu uno dei più fertili periodi della storia dell'arte khmer. Fece rialzare la diga che circondava il Baray occidentale, l'immenso bacino che aveva costruito il padre Suryavarman I circa 20 anni prima. La sedimentazione dei detriti aveva fatto innalzare il fondo e le acque ora debordavano e avevano quasi sommerso il Mebon occidentale, un isolotto di soli 70 metri di lato protetto da una diga di blocchi di arenaria al cui centro era stato scavato un piccolo bacino su cui sorgeva un minuscolo tempio in arenaria. Il Baray Ovest è oggi il solo diretto testimone del grandioso sistema idrico costruito oltre 10 secoli fa dagli Khmer: le acque coprono ancora più del 60 % della sua superficie e sono tuttora usate a fini di irrigazione. Udayatidyavarman restaurando l’opera del padre, fece porre nel tempio del Mebon una statua di bronzo lunga 4 metri, dorata e incastonata di pietre preziose, raffigurante Vishnu che dorme il sonno cosmico sul corpo del serpente Ananta adagiato sull' oceano primordiale. Ceu Ta-kuan la vide e scrisse che c'era "un Buddha sdraiato, in bronzo, dal cui ombelico scaturisce un costante getto d'acqua". Il torso di quella statua è ora conservato al Museo Nazionale di Phnom Penh. Il nome di Udayatidyavarman è comunque legato a quello che già gli antichi consideravano un autentico capolavoro architettonico, secondo solo ad Angkor Vat per grandiosità e raffinatezza delle decorazioni:
il Baphuon. Posto a metà strada tra il Bayon e il lato Sud del Palazzo reale, copre un'area di 425 metri per 125. Un ponte lungo 200 metri, sorretto da 3 file di eleganti colonne in pietra, conduce alla imponente piramide che misura alla base 120 metri per 100 e raggiunge una altezza di 24: una mole imponente che presentava però sin dalla costruzione una grave fragilità strutturale. Il corpo del tempio era formato da una massa enorme di terra di riporto tenuta insieme da un fragile rivestimento in laterite ricoperto da lastre di arenaria. La conseguenza fu che si verificarono alcuni crolli parziali. Vennero poi le piogge torrenziali dell'estate 1943 che provocarono lo spaventoso crollo di buona parte delle gallerie e delle terrazze. L'anno successivo M.Glaize scrisse: "prima dell'inizio del lavoro di disboscamento e sterramento il Baphuon non appariva altro che una anonima collina coperta di vegetazione, tanto il tempio aveva sofferto l'azione distruttiva della natura". Nessun lavoro, anche solo di conservazione, fu tentato fino al 1962 quando la carica di Conservatore fu nelle mani di B.Ph Groslier. La sua diagnosi fu impietosa: i vizi strutturali e i danni subiti imponevano una scelta di "chirurgia radicale". Il Baphuon doveva essere interamente smontato e rimontato su una struttura in cemento. I lavori ebbero inizio, ma si arrestarono il 1 marzo del 1975 quando vennero chiusi tutti i cantieri dell' E.F.E.O in Angkor. Nel febbraio del 1995 fu nuovamente conferito all' E.F.E.O. l'incarico di riprendere i lavori al Baphuon, il cui restauro, dopo infiniti ritardi e accese polemiche, è stato, parzialmente, completato nel 2014.
