La Piana delle Giare
 
Intorno al X secolo prima di Cristo, circa nello stesso periodo in cui lungo il Tevere fu fondata Roma, delle popolazioni, di cui non conosciamo la provenienza, si stanziarono nell’altopiano di Xieng Khuang, meglio noto come Piana delle Giare. Questo nome è poi diventato famoso per ragioni che nulla hanno a che vedere con l'archeologia. E' un altopiano di una altitudine variante tra i 1600 e i 2200 metri che domina, a occidente, le valli dei fiumi che fluiscono verso il Mekong e, a oriente, il corso del song Cu che scende nella pianura vietnamita di Vinh: è una posizione strategica di vitale importanza. Fu il punto di concentramento delle forze del Pathet Lao e del Viet Minh durante la guerra contro i Francesi. Divenne, nella guerra contro gli Americani, il principale snodo delle imboccature della Pista di Ho Chi Minh e la furia dei bombardamenti aerei quasi desertificò la regione. Le antiche opere dell'uomo protostorico riuscirono però a scampare alla violenza tecnologica del XX secolo e grandi giare in pietra, dolmen e menhir, ancora ci raccontano brandelli della storia di un popolo di agricoltori che visse fra questi monti alcuni secoli prima di Cristo. L'area dei ritrovamenti si estende su una superficie di circa 110 chilometri per 60 e comprende siti in cui i manufatti si differenziano principalmente per il materiale usato: dai graniti all'arenaria quarzosa, alla più tenera molassa. Dopo tante sterili polemiche gli studiosi sono ora concordi nel ritenere che si tratti di manufatti a destinazione funeraria. I menhir, tagliati con strumenti di ferro in una arenaria molto compatta, hanno una elegante forma affusolata. Nelle pietre orizzontali dei dolmen si notano ancora gli incavi di incastro scavati con molta cura. Ancora più progredita è la fattura delle grandi giare e, soprattutto, dei misteriosi “dischi”. L'esame più approfondito di queste giare è stato fatto da Madeleine Giteau nel suo libro Art et Archéologie du Laos, che contiene tutte le notazioni che potrebbero interessare chi volesse approfondire l'argomento. Tutte le giare hanno una forma  irregolarmente cilindrica o ellittica ma le loro dimensioni variano notevolmente: nel sito di Ban Ang è stata ritrovata una giara alta 3,25 metri con un diametro di 3 metri, mentre in prossimità ve ne sono altre che raggiungono una altezza di soli 117 centimetri e hanno un diametro inferiore al metro. Le pareti esterne e, soprattutto, il fondo sono molto spessi, presumibilmente per dare loro maggiore stabilità, ma l'incavo interno raggiunge al massimo una profondità di soli 150 / 160 centimetri: lo spazio necessario a collocare un corpo posto in posizione fetale. Per la maggior parte erano poste in posizione eretta, con la base solidamente incassata nel terreno. Forse qualcuna non fu mai posta in loco e giace ancora su un fianco ma molte sono state divelte dall'impatto delle bombe o dagli smottamenti di terreno provocati dalle piogge. Il bordo interno delle giare presenta una piccola “battuta” che può far presumere che le giare fossero chiuse con un coperchio di legno o in altro materiale deperibile perché le loro coperture non potevano assolutamente essere i numerosi “dischi” in pietra disseminati sul terreno in prossimità delle giare. Sono manufatti in arenaria, tutti più o meno circolari, con un diametro che varia da 110 a 160 centimetri e che, in nessuna caso, coincide con il diametro superiore delle giare. Avevano quindi una finalità propria che, al momento attuale, resta ancora ignota agli studiosi. Sono tutti parzialmente interrati. Sono dischi lisci o calotte semisferiche oppure hanno una forma a fungo; quasi tutti presentano delle decorazioni, prevalentemente a motivo geometrico. Assai singolare è però la loro disposizione perché sono tutti rivoltati verso terra: la parte liscia è volta verso l'alto e il rilievo e le decorazioni sono sul lato parzialmente interrato. Si potrebbe quasi pensare a doni o simboliche offerte fatte alle divinità ctoniche. Ogni ipotesi è, per il momento, plausibile anche perché non c'è dubbio alcuno che tutti i manufatti della “Piana delle Giare” avevano una destinazione cultuale e funeraria, ma nulla sappiamo della spiritualità del misterioso popolo che qui abitava. In alcune giare sono stati ritrovati dei frammenti ossei e si può ritenere che servissero come luogo di inumazione per più individui, forse appartenenti alla stessa famiglia, perché alcuni denti appartenevano a infanti mentre altri erano palesemente di individui adulti. Anche alcuni vasi di rozza ceramica, rinvenuti nel sito, contenevano dei frammenti ossei ma la destinazione funeraria del luogo è confermata soprattutto dalla grotta che si apre in un modesto massiccio calcareo a Ban Ang. E' una grotta naturale che scende fino a tre metri sotto il livello del terreno ma l'ingresso, che si presenta come un arco a tutto sesto, venne modellato dalla mano dell'uomo che, all'interno, allargò due doline carsiche trasformandole in camini per un focolare centrale che doveva servire da luogo di cremazione dei defunti come indicano le tracce di carbone, di ossa calcinate e i vasi contenenti resti ossei. Il primitivismo nella esecuzione di giare e dischi, la povertà delle ceramiche e dei rari oggetti e utensili in ferro, la quasi totale assenza di monili, se si eccettuano delle perle in vetro o cornalina, sono tutti dati che fanno pensare a un popolo di agricoltori tecnologicamente ancora molto arretrati ma che si erano già dotati di una solida organizzazione sociale. L'esecuzione di opere come la grotta per cremazione, l'erezione di menhir e dolmen, l'esecuzione delle grandi giare non potevano essere opera di sparuti gruppi familiari ma esigevano un lavoro collettivo, organizzato da una autorità perlomeno tribale. Il rinvenimento di oggetti in bronzo appartenenti alla cultura dongsoniana, che tra il V e il III secolo a.C. si diffuse in tutta la regione costiera del Mar della Cina, stanno a indicare che la terra di questo popolo di agricoltori sedentari era percorsa dalle carovane di mercanti che venivano da oriente presumibilmente attratte dal ricco commercio del sale che proveniva dalle regioni di Phongsaly e di Luang Prabang. Questi traffici hanno comunque lasciato una preziosa eredità artistica. Anche se in loco sono rimaste solo povere tracce, la cultura del bronzo, con i suoi famosi tamburi rituali, ha posto salde radici su tutta la dorsale della catena annamitica. In molti villaggi delle minorità etniche, ancora oggi, gli antichi tamburi degli antenati sono conservati sotto terra e sono riportati alla luce solo per celebrare i riti funebri del capo clan mentre alcuni esemplari, di pregevolissima fattura, si possono invece ammirare nel Palazzo Reale di Luang Prabang.