Culti ancestrali
 
Il buddhismo si diffuse in Laos solo nella seconda metà del XIV secolo quando il re Fa Ngum quasi lo impose con la forza al proprio popolo. I culti ancestrali dei genii, i Phi, perdettero così gli onori degli altari ma mai poterono essere cancellati dall'animo della gente. Tanto gli autoctoni austroasiatici, quanto i Lao di ceppo Thai che erano scesi dal Nord, da sempre hanno creduto che il mondo fosse popolato dai genii. Sono una moltitudine di entità immateriali, invisibili e impalpabili che possono essere benefiche o malefiche, oppure possono essere allo stesso tempo sia buone che cattive e influiscono sull'esistenza di tutti gli esseri umani, ai quali si manifestano nei sogni oppure sotto forme di temporanee incarnazioni o attraverso fenomeni fisici o atmosferici. Sono innumerevoli, ne esiste uno per ogni cosa inerte o vivente, uno per ogni oggetto, per ogni animale, ogni insetto, ogni pianta; per ogni attività, che sia la caccia, o lo studio, o il lavoro artigianale; per ogni forza della natura, come vento, la pioggia e fulmini. Ogni luogo geografico ha un genio che lo abita.. Animali, cose, piante, luoghi, le stesse forze naturali non hanno valore se non in funzione del genio che le anima e che presiede alla loro esistenza. Esistono anche genii legati a ogni modo di essere dell' uomo, come il genio del sonno o quello del destino o quelli delle malatie o delle guarigioni; genii che quindi orientano le sorti delle collettività e dei singoli. Altri genii animano le entità astratte, come il genio della giustizia che viene sempre invocato prima di derimere una lite o pronunciare una sentenza. Sono sempre i genii che regolano il ritmo delle stagioni, il cammino degli astri, il regime delle piogge: sono loro che fanno crescere la piante, maturare i raccolti e moltiplicare le greggi. Aiutano il cosmo a seguire il suo regolare corso e, così facendo, permettono a tutto ciò che vive di continuare a vivere. Evidentemente le relazioni tra gli uomini e i genii variano con il mutare del carattere e delle funzioni di queste entità sovranaturali. I genii benefici, quelli che proteggono e aiutano gli uomini in tutte le circostanze, sono quelli che ovviamente sempre sono stati oggetto di maggior venerazione: a loro venivano offerti sacrifici propiziatori e doni votivi al fine di tributare gli onori dovuti. Queste erano delle credenze tanto radicate i quei popoli da essere insopprimibili e il buddhismo canonico non ebbe altra scelta che accettare questa realtà assorbendone i culti e integrando i genii nel proprio pantheon. D'altra parte, anche oggi, nei paesi che seguono la dottrina Theraveda la massa del popolo non vede nel Buddha l'immagine del “Illuminato Maestro”, ma ne ha divinizzato la figura trasformandolo in una suprema entità trascendente che può beneficamente influire sull'esistenza degli umani. I genii, dispensatori di benefici, divennero quindi degli ausiliari del Buddha stesso, ai quali la gente del popolo ha continuato fiduciosamente a rivolgersi, facendo offerte ed elevando preghiere per ottenere grazie e protezione. I genii loci hanno invece assunto la funzione di “difensori” del Dharma, la dottrina buddhista, e non esiste monastero in cui non si trovi una o più Ho Phi, la “casa del genio”, che alberga i genii protettori del luogo sacro. La città invece ha il proprio nume tutelare nel Phi Muong, mentre ogni villaggio possiede il proprio Phi Ban che, un po' spregiudicatamente, noi saremmo forse tentati di assimilare ai nostri Santi patroni ma che qui, invece, assume un rilievo assai maggiore. E' il genio che stende la sua protezione su un ben delimitato territorio, con i campi e i boschi che lo coprono e tutti gli esseri viventi che lo popolano. E' una vera divinita “del suolo” che si prende cura della prosperità degli abitanti, del benessere di uomini e animali, della fertilità della terra e dell'abbondanza dei raccolti, dell'integrità delle foreste e della selvaggina che le popola. Assai più elevata è la posizione raggiunta dagli antichi genii ofidi che si sono trasformati nei Naga, i più fedeli servitori del Buddha, che hanno alle loro dipendenze i Phi Ngueak, altri genii-serpenti che puniscono coloro che violano i precetti del Dharma. A Luang Prabang, in modo particolare, i Naga sono oggetto di un culto specifico in quanto sono legati al mito di fondazione della città. Si narra infatti che “i due asceti si installarono sulle roce che dominano la confluenza del Nam Khan nel Mekong e chiamarono a loro i quindici Re Naga che in quei tempi lontani erano signori di questa terra. Vennero tutti, presentandosi sotto forme umane, gli uni abbigliati da guerrieri e gli altri vestiti da contadini”. I Re Naga costruirono l'antica città, poi restarono a tutelare Luang Prabang e tutto il corso del Mekong e, ancora oggi, i pescatori e i battellieri del fiume invocano la protezione di Phi Seua Nam, il cobra reale, a cui talora danno anche un aspetto umano intagliandone una forma antropoformizzata nella corteccia dell'albero del banano. Se si avventurano, però, in piroga sul fiume per pescare devono offrire il primo pesce che catturano a Phi Nang Reua, altrimenti questo genio si irrita e può provocare una disgrazia. Non diversamente devono comportarsi i contadini che però si rivolgono a un altro genio, Phi Ta Hek il “guardiano delle risaie” la cui protezione è indispensabile per assicurare un buon raccolto. Ogni Phi comunque ha le proprie preferenze e le offerte devono essere adeguate ai suoi gusti: alcuni amano il betel, altri preferiscono gustare il pollo oppure qualche frutto e ce ne sono anche alcuni che non disdegnano le sigarette. Se si viene meno a questi atti di cortesia il Phi si indispettisce e rivela allora la sua natura malvagia causando malattie o provocando sventure domestiche che, però, cessano non appena, magari con l'aiuto di un medium che interroghi il Phi sulle ragioni del suo malanimo e sul modo di placarlo, si fanno le offerte più gradite. Alcuni genii, invece, sono malvagi di natura e hanno come unico obbiettivo arrecare danni e sofferenze. Da questi Phi bisogna guardarsi, ma la fede buddhista non può offrire protezione alcuna contro questi esseri malefici e la gente deve quindi rifugiarsi nelle antiche usanze proteggendo il corpo con talismani e tattuaggi oppure tutelando la casa con emblemi o formule magiche scritte su pezzi di stoffa posti sulle scale, sulla porta, sotto il tetto. Non ostante tutte queste precauzioni ci sono comunque alcuni giorni, come il secondo e il quinto di luna calante, che sono considerati sommamente infausti perché si dice che siano “il giorno in cui i Phi costruiscono un cimitero” e “il giorno in cui i Phi ti circondano e ti prendono prigioniero”. In questi giorni deve essere posta la somma cautela in ogni atto che si compie, ma anche gli altri giorni non sono del tutto immuni da rischi: è quindi necessario premunirsi andando a interpellare un astrologo oppure consultare un Hora Sat, il “trattato dei giorni nefasti mobili”. Sono antichissimi testi, diffusi in tutti i paesi indocinesi, in cui sono indicati i giorni e le ore faste e quelle nefaste, i genii malvagi da cui si deve stare in guardia in quei dati giorni e in quelle ore, le cose che si devono evitare e quelle che si possono fare in determinati momenti. Partendo dalla propria nascita in uno degli anni del ciclo dei dodici animali, ognuno può quindi sapere quando e perché può fare oppure non fare qualsiasi determinata cosa. Se, malgrado tutte queste precauzioni, ci si accorge di essere perseguitati da qualche genio particolarmente malvagio, l'unica soluzione è quella di sottoporsi a un esorcismo. Parrebbe funzionare piuttosto bene quello che prevede che amici e parenti del malaugurato, intonando canti propiziatori, gli raschino il capo e la schiena con una lama di coltello per “staccare” il Phi da suo corpo; poi gli sfregano la pelle con delle palline di riso cotto che il Phi voracemente divora; velocemente prendono le palline, con il Phi attaccato, e le mettono in un vaso di terracotta che subito sigillano. Il vaso viene poi gettato nel fiume perché la corrente trascini lontano il genio malvagio oppure lo portano fra i boschi dei monti perché, anche se riuscisse a liberarsi, il Phi non possa più ritrovare la strada.