Lotte per il potere e lacerazione dello Stato
Auguste Pavie
Dagli inizi del XVIII secolo il Paese cominciò a essere lacerato da sanguinose divisioni e lotte interne e, con spirito profondamente autolesionista, sempre più frequentemente i contendenti fecero ricorso a aiuti militari esterni sia vietnamiti che, soprattutto, siamesi, senza dimenticare i bellicosi principi birmani sempre pronti a mettersi al servizio di chi li poteva pagare. L’ingerenza di questi, interessati, alleati portò alla nascita di tre entità statali indipendenti e tra loro antagonistiche. Nel Sud si costituì il principato di Champassak che gravitava nella sfera di influenza siamese. Al centro, il principe Sai Ong Hue ottenne l’appoggio vietnamita e si proclamò re in Vientiane. Nel Nord, l’ antica Xieng Tong che aveva preso il nome di Luang Prabang divenne capitale di un terzo regno che subiva la minaccia birmana ma, perennemente, era in lotta con quello di Vientiane. Regni deboli e esposti ai condizionamenti dei potenti vicini. Nel 1767, le armate birmane, dopo aver trionfato sui Siamesi e conquistato e raso al suolo la loro capitale Ayutthaya, imposero ai regni di Vientiane e Luang Prabang un formale rapporto di vassallaggio che comunque non ne limitava in modo sostanziale l’effettiva autonomia e sovranità. Questi fragili equilibri si ruppero nel 1774 quando, approfittando della insanabile e sanguinosa lotta fra Vientiane e Luang Prabang, i Siamesi, liberatisi dal giogo birmano, invasero il Champassak mentre una loro flotta risaliva il Mekong. Nel 1779 venne conquistata Vientiane e, per punire i Laotiani per il sostegno dato ai Birmani nella precedente guerra, la città fu saccheggiata e il “Buddha di smeraldo”, il Phra Keo, fu portato a Bangkok dove venne eretto il tempio che tuttora lo ospita. Fu imposto il “protettorato” siamese su tutto il paese e i principi laotiani si trovarono costretti a ricoprire un ruolo di governo solo formale mentre il potere effettivo era esercitato dai delegati militari siamesi. I Laotiani tentarono di riconquistare la loro indipendenza chiedendo ancora una volta un aiuto straniero: quello del Viet Nam, le cui mire espansionistiche erano già volte a occidente. Nel 1826 il re Chau Anou, imprudentemente stimando che Bangkok fosse sull orlo di un conflitto con l’Inghilterra, attraversò il Mekong e invase il Siam. Venne però pesantemente sconfitto e fu costretto a cercare rifugio in Viet Nam mentre Vientiane, nel 1827, veniva conquistata e nuovamente saccheggiata. L'anno successivo, Chau Anou, con l’appoggio dei Vietnamiti riconquistò la capitale e massacrò la guarnigione degli occupanti. La vendetta siamese nel 1830 fu implacabile: Vientiane, con tutte le sue pagode e monasteri, venne rasa al suolo, gli archivi reali vennero dati alle fiamme, decine di migliaia di laotiani furono deportati in Siam in condizione di semischiavitù. Il re Chau Anou cadde prigioniero e morì in catene a Bangkok e il regno di Vientiane venne trasformato in provincia siamese. Al principato di Champassak fu lasciata una formale autonomia in cambio del pagamento di un pesante tributo annuale alla corte di Bangkok, che si riservava comunque il diritto di decidere in merito alla successione al trono. Solo il regno di Luang Prabang conservava una sorta di relativa formale indipendenza, ma in un regime di stretto “protettorato” che veniva fatto rispettare da commissari siamesi residenti nella città. La sua situazione, inoltre, era resa estremamente precaria per la continua infiltrazione di bande armate di soldataglie cinesi, sopravvissute alla repressione della rivolta dei Taiping, che si erano trasformate in predatori e si erano organizzati in potenti Bandiere che dominavano sulle regioni montuose del Nord del Laos e dell'alto Tonchino. Fra loro, i più famosi erano i temibili Pavillons noirs, che la letteratura coloniale fece poi entrare nel mito dell'epopea della Legione straniera. Negli ultimi decenni del XIX secolo era infatti entrato sulla scena indocinese un nuovo e potente protagonista, la Francia di Napoleone III, e si stava preparando per il Laos ciò che poco tempo prima era accaduto in Cambogia: la Francia, nella sua strategia coloniale mirante al controllo del corso del Mekong, dal Delta allo Yunnan, riassestò gli equilibri regionali imponendo la propria presenza e ridimensionando le mire espansionistiche siamesi. Determinante fu il lavoro svolto dal vice-console francese a Luang Prabang, Auguste Pavie, che ha lasciato una preziosa e particolareggiata testimonianza di tutti quegli eventi nel suo libro di memorie A la conquête des coeurs.